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Come Cdu-Csu stanno riformando il programma elettorale

Movimenti programmatici di Cdu-Csu in vista del programma elettorale dopo la vittoria in Sassonia-Anhalt. L’approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

Ringalluzzita dal risultato in Sassonia-Anhalt, la nuova Cdu di Armin Laschet lavora al programma elettorale, dal quale spera di ottenere un’ulteriore spinta per una campagna cui adesso si guarda con maggiore ottimismo. È il programma che sarà poi la base per le trattative del prossimo governo, con i partner della futura alleanza. Perché di una cosa Laschet e i suoi sono ora convinti: la gara per il primo posto sarà ancora lunga, ma nessun governo sarà mai possibile senza la Cdu.

Motore di questa elaborazione teorico-strategica, che intende anche disegnare il partito del dopo-Merkel, sono i gruppi parlamentari dell’Unione, il raggruppamento che unisce al Bundestag le due formazioni conservatrici, i cristiano-democratrici della Cdu e i cristiano-sociali bavaresi della Csu. I deputati hanno preparato una bozza di lavoro (Positionpapier) che contiene 40 misure da inglobare nel programma che il partito si appresta a varare nei prossimi giorni e che accompagnerà il candidato laschet nella corsa alla cancelleria. L’intento è riposizionare il timone verso rotte più tradizionali rispetto alla stagione dei governi Merkel, specie per quel che riguarda i temi economici.

La strategia ha un senso: se è vero che la competizione per il primo posto sarà con i Verdi sul terreno della lotta ai cambiamenti climatici, per provare a riavvicinarsi a percentuali consone all’ultimo grande partito di massa rimasto sulla scena tedesca sarà necessario tenere a bada il ritorno dei liberali, a un tempo partner preferiti ma anche concorrenti insidiosi.

I primi sondaggi realizzati dopo il voto di Magdeburgo (Istituto Forsa e il Politbaroimeter della Zdf) danno a Cdu/Csu un vantaggio di 5-6 punti (27-28 a 22) sui Verdi, che solo un paio di settimane fa erano dati in prima posizione, e assegna all’Fdp liberale percentuali tra il 10 e il 14. Il sondaggio Forsa, il più ottimista sull’Fdp, la vede contendere il terzo posto all’Spd (anch’essa a 14). I liberali sarebbero il partner preferito di Laschet per formare un governo politicamente organico, un centrodestra vecchia maniera liberal-conservatore: ma la possibilità che questo scenario si realizzi nelle urne del prossimo 26 settembre è al momento estremamente difficile, nonostante l’exploit virtuale dell’Fdp. Meglio dunque una strategia di contenimento, tornando ad abbracciare temi vicini al libero mercato e alla modernizzazione della pubblica amministrazione.

Il primo punto preso di mira dai parlamentari dell’Unione è l’enorme produzione legislativa dello stesso Bundestag. Le leggi sono troppe, sostengono i deputati, e propongono di introdurre una sorta di “check-up di necessità”. Ogni volta che il parlamento è in procinto di varare una normativa, sarà obbligatorio valutare se essa sia davvero necessaria o se possa essere accorpata ad altre leggi. Ogni normativa è giusta e meritevole di per sé, ammettono i deputati dell’Unione, ma la somma di quelle prodotte a ogni legislatura è eccessiva e sovraccarica lo Stato.

Si tratta in realtà di un’autocritica, come osserva la Süddeutsche Zeitung, dal momento che proprio l’ultimo governo Merkel ha prodotto finora oltre 400 nuove leggi al ritmo di 10 al mese: sarà pure che la presenza dei socialdemocratici (dei veri e propri maniaci del legiferare) abbia giocato un ruolo importante, ma l’Unione è stata pur sempre la forza trainante dell’esecutivo merkeliano.

Ora Cdu e Csu promettono di cambiare e di immaginare uno Stato più leggero e snello. Questa specie di verifica di necessità (forse anche preventiva) contribuirà a semplificare il lavoro di ministeri e parlamentari, che potranno così focalizzarsi sugli aspetti essenziali, evitando di inondare i cittadini di norme inutili e ridondanti.

La proposta per contenere la produzione legislativa è la più bizzarra di un pacchetto di iniziative tra cui si distinguono alcune misure finalizzate alla modernizzazione dell’apparato amministrativo. Un’esigenza che le difficoltà riscontrate nei duri mesi della pandemia rende oggi ancora più urgente. Spuntano così le idee di realizzare un’app-store per l’amministrazione, un non meglio precisato ministero digitale o un sistema digitale per le certificazioni di omologazione, o ancora la proposta di creare all’interno degli apparati burocratici team di modernizzazione che introducano sistemi di innovazione.

Il pacchetto era allo studio già prima della pandemia, ma proprio l’esperienza (negativa) maturata nelle gestione dell’emergenza Covid ha fornito idee più precise e concrete: gli uffici sanitari comunicavano i dati dei contagi per via analogica e in alcuni casi addirittura via fax, rendendo complesso il lavoro di raccolta e valutazione del Koch Institut; più tardi, nei centri di vaccinazione si ammucchiavano montagne di documenti cartacei invece che atti digitalizzati, rendendo tutto più lento e farraginoso.

Ora i deputati chiedono che una parte di queste misure vengano integrate nel programma elettorale, come segno di un cambio di marcia che l’Unione promette ai suoi elettori per il dopo-Merkel. Misure che dovrebbero concretizzare l’aspirazione a uno Stato “più semplice, più agile, più digitale e soprattutto più attrezzato ad affrontare le crisi contemporanee”. Un’amministrazione più moderna ed efficiente è condizione necessaria per una crescita dell’economia, perché semplifica la vita burocratica dei cittadini ma anche delle aziende.

È una linea su cui Armin Laschet non faticherà a convergere, dal momento che la sua campagna elettorale dovrebbe poggiare proprio su un’agenda di modernizzazione per il nuovo decennio. Lo snellimento amministrativo è una delle chiavi, il massiccio ricorso alla digitalizzazione dovrebbe anche produrre il dimagrimento di molti apparati statali, ministeri compresi: alcune competenze potrebbero più facilmente essere accorpate, i dicasteri del prossimo governo potrebbero da subito diminuire. Sa molto di ottimizzazione applicata alla sfera pubblica. In attesa di conoscerne meglio i dettagli (e di vedere che tipo di resistenza incontrerà negli apparati), il solo parlarne rimette l’Unione sul binario di concorrenza dei liberali. Rispetto agli ultimi anni della merkel “socialdemocratizzata” è già aria fresca.

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