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Cosa succede al bitcoin dopo la stretta della Cina

I bitcoin hanno perso quasi il 10% del loro valore. Il calo è stato ricondotto alla stretta della Cina sul mining. La banca centrale di Pechino richiama all’ordine gli istituti finanziari cinesi

Oggi i bitcoin, la principale criptovaluta al mondo, hanno perso quasi il 10 per cento del loro valore, arrivando a 32.094 dollari l’uno: è il minimo in dodici giorni. Se si allarga lo sguardo agli ultimi sei giorni, si nota che i bitcoin sono calati di oltre il 20 per cento e si sono praticamente dimezzati rispetto al picco raggiunto ad aprile (quasi 65.000 dollari per un bitcoin).

Dall’inizio dell’anno, tuttavia, hanno guadagnato più del 10 per cento.

COSA C’ENTRA LA CINA CON IL CALO DEI BITCOIN

Il bitcoin è estremamente volatile, cioè soggetto a forti oscillazioni di prezzo. Il calo degli ultimi giorni è stato ricondotto alla stretta imposta in Cina sul cosiddetto mining (“estrazione”), ovvero  la procedura che permette di gestire la rete delle transazioni e di generare la criptovaluta: è un’attività che richiede computer dall’elevata potenza di calcolo, che consumano grosse quantità di energia.

Venerdì scorso le autorità cinesi della provincia del Sichuan, nella parte sud-occidentale del paese, hanno ordinato la chiusura dei progetti di mining dei bitcoin. Ancora prima, a maggio il Consiglio di stato (il governo centrale, a Pechino) aveva annunciato di voler porre un freno all’estrazione e al trading della criptovaluta per tenere sotto controllo la stabilità finanziaria, spiega Reuters.

QUANTO VALE LA CINA NEL “MINING” DEI BITCOIN

Ad aprile dell’anno scorso la Cina ha rappresentato il 65 per cento del totale della produzione globale di bitcoin, stando ai dati elaborati dall’Università di Cambridge. Gran parte di questa produzione si concentra nel Sichuan: è una delle mete preferite dalle società di mining per installarvi le attività, vista la possibilità di accedere a energia idroelettrica in abbondanza con la quale alimentare i centri di calcolo.

Un altro polo cinese del mining è la regione della Mongolia Interna, dove l’elettricità per i computer viene tuttavia generata soprattutto dal carbone.

SVENDITA DI CRIPTOVALUTA

Sempre Reuters spiega che il calo del valore dei bitcoin potrebbe essere legato alla vendita di grosse quantità di criptovaluta da parte dei “minatori” (che solitamente ne possiedono grandi scorte), viste le restrizioni alle loro attività in Cina.

Antoni Trenchev, cofondatore di Nexo, azienda del settore delle criptovalute, ha dettoBloomberg che le decisioni cinesi causeranno “un po’ di volatilità nel breve termine, ma non dovrebbero avere effetti di medio e lungo termine per il bitcoin”.

LA RICHIESTA DELLA BANCA CENTRALE CINESE

Oggi la Banca centrale cinese ha convocato i rappresentanti dei principali enti finanziari nazionali – come la Commercial Bank of China, la Agricultural Bank of China e Alipay, la piattaforma di servizi finanziari legata ad Alibaba – per ricordare loro il divieto di partecipare alle transazioni in bitcoin.

La Banca centrale ha dichiarato che le operazioni con le criptovalute creano perturbazioni nell’ordine finanziario e “alimentano il rischio di attività criminali come il trasferimento illegale trans-frontaliero di asset e il riciclaggio di denaro”.

COME VANNO LE ALTRE CRIPTOVALUTE

Oltre ai bitcoin, anche ether (un’altra criptovaluta meno importante) ha perso quasi il 12 per cento del suo valore, scendendo al di sotto dei 2000 dollari per la prima volta in un mese circa.

Bloomberg scrive, riportando le misurazioni di CoinGecko, che il valore complessivo di mercato di tutte le criptovalute ammonta ora a 1,45 migliaia di miliardi di dollari, rispetto ai 2,6 del mese scorso.

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