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Il terzo Polo: una scommessa a perdere

Il terzo Polo: una scommessa a perdere. La realtà va guardata in faccia. In questo paese si parla tanto di centro e di terza via. Ma non c’è una reale prospettiva.

Il quadro è mutato

La Democrazia Cristiana rappresentò il baricentro politico italiano . Ma c’erano condizioni politiche  molto diverse.

Furono proprio tali condizioni a favorire i moderati, per un popolo che in realtà moderato non è stato mai né nei tratti né negli accenti. Noi italiani siamo santi o peccatori, buoni o cattivi, rossi o neri. Ma non sappiamo cosa sia il grigio.

Al tempo della guerra fredda, la Democrazia Cristiana era la garanzia ed il perno dell’alleanza atlantica nel nostro paese. La principale alternativa, quella comunista era, pur con qualche dissenso, allineata al regime comunista sovietico.

Il Partito Comunista al governo dell’Italia avrebbe rappresentato, non una alternanza democratica, ma un cambiamento radicale. Tanto è vero che anche i socialisti, preferirono dopo la feroce repressione ungherese, guardare sempre ad un’alleanza necessaria con la DC. Irrinunciabile per tutelare la democrazia nel paese.

Opposizione improponibili

Le opposizioni della Prima Repubblica non potevano andare al governo. Perché non erano considerate accettabili per la tenuta della democrazia nel paese.

Il Partito Comunista Italiano aveva stretti rapporti con i regimi delle dittature, facenti capo a Mosca. Rappresentava dunque un pericolo reale non solo per la collocazione internazionale dell’Italia. Ma anche per le istituzioni democratiche. Al potere avrebbe probabilmente adottato una forma di Stato similare, a quella dei paesi aderenti al Patto di Varsavia. Con una compressione del Pluralismo Democratico.

Solamente il Partito Comunista di Berlinguer cercò di tranquillizzare da questo punto di vista. Ma visti i costanti e solidi rapporti con la diligenza sovietica, tali rassicurazioni non convinsero mai maggior parte degli italiani.

Dall’altra parte a destra, il Movimento Sociale Italiano, oltre a non avere i numeri  per sperare di governare,.scontava il rapporto di continuità con gli sconfitti di Salò. Anche la sua improbabile vittoria, avrebbe rappresentato la fine della repubblica nata dalla resistenza.

Praticamente le alternative erano improponibili, dunque si votava al centro perché era l’unico schieramento garante dell’ordine costituzionale. Capace di costruire maggioranze stabilmente incanalate all’interno del sistema repubblicano.

Un quadro cambiato

Le opposizioni attuali non mettono in pericolo la democrazia. Il Partito Democratico sarà anche un’eredità storica di retaggio comunista. Ma di certo non è allineato con cancellerie ostili al blocco Atlantico. Anzi rappresenta una commistione con molte di quelle esperienze politiche, che il Partito Comunista combatteva.

Esattamente come oggi la destra è rappresentata dalla forza trainante di Fratelli d’Italia, che ha dimostrato la sua chiara e netta adesione al Patto Atlantico. Cosa che dimostrava comunque anche la destra nella prima Repubblica. Ma anche una forte adesione ai valori democratici.

Le opposizioni non spaventano più nessuno, possono tranquillamente andare al governo. Tanto è vero che uno dei punti di debolezza della campagna di Enrico Letta, è la demonizzazione di uno schieramento, che è visto dalla gran parte degli italiani come pienamente democratico.

Troppi galli a cantare

Viene inoltre sottovalutato il fatto che, la forza della Democrazia Cristiana era la costruzione di un partito, più che di una semplice leadership. Per un’area di consenso limitata, troppe figure leaderistiche vanno a scontrarsi. Troppi personalismi a discapito della politica.

Credibilità minata

La figura più interessante di questa operazione era sicuramente Carlo Calenda. Il suo avvicinamento al Letta delle scorse settimane ne ha però parzialmente minato la credibilità. Che non può essere pienamente recuperata dalla repentina marcia indietro.

Mentre invece la figura di Matteo Renzi è  fortemente usurata dal continuo cambiamento di posizioni. Da un instabilità legata ad un protagonismo esagerato. E l’eventuale accordo tra i due minerebbe ancora di più la  credibilità della carica innovativa di Azione.

Il centro oggi è uno spazio politico limitato, e mutilato nelle sue ambizioni da molti personalismi e poca prospettiva.Tutte premesse perché sia una delle tante esperienze fallimentari  del quadro politico italiano.

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