Anghel coltiva grandi ambizioni per questa tenuta e l’area circostante. Insieme a Lionel Jadot, l’interior designer fondatore degli Atelier Zaventem in Belgio, e OMBU Capital, intende trasformare la proprietà con i suoi fabbricati sparsi tra la sughereta e le risaie – che comprende tra l’altro un ospedale, un hotel e due graziose cappelle – in un centro culturale che possa accogliere artisti, designer e scienziati.
«Io e Lionel ci siamo chiesti: come possiamo trasportare Barrosinha nel futuro senza dimenticare il presente?» dichiara Anghel.
L’obiettivo è mantenere salda l’identità di questo luogo già per sua natura resiliente – fu roccaforte della cosiddetta Rivoluzione dei garofani nel 1974 – difendendolo da miopi progetti di real estate e “gentrificazione”. Allo stesso tempo, il progetto mira ad offrire un modello di vita alternativo a quello urbano per una nuova comunità di nomadi, creativi, intellettuali. Del resto, è qui che Anghel ha potuto trovare il suo equilibrio. «Sono riuscito a recuperare la mia concentrazione ed è stato un tempo bello e produttivo» racconta.
Nello stile di vita semplice e concreto della gente di Barrosinha, Anghel ha rinvenuto un esempio prezioso. «Vivono come in una bolla e anche se sono persone di una certa età si dimostrano estremamente moderne… nel loro modo di mangiare, per esempio; in generale il loro stile di vita è la migliore risposta al cambiamento climatico». Il designer, ora anche imprenditore, ritiene che questo contesto fornisca il perfetto antidoto alla cosiddetta FOMO, la paura di rimanere esclusi da un’esperienza desiderabile che altri vivono – una sindrome sempre più diffusa e acuita dall’uso dei social media. «Fiere, eventi, tutto quello che fanno coloro che seguiamo sui social – e sono migliaia – non fa che aumentare l’ansia di perderci qualcosa, senza accorgerci che quel che perdiamo, in realtà, è il momento presente».