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Petrolio sopra i 95 dollari al barile dopo i tagli di Russia e Arabia Saudita. Timori per una nuova spinta all’inflazione

Il brent, petrolio di riferimento per gli scambi europei, sfonda la soglia dei 95 dollari al barile, salendo sui massimi da 10 mesi a questa parte. Le quotazioni sono in costante ascesa dallo scorso 24 agosto, dopo che l’Opec e la Russia hanno deciso di ridurre la produzione per sostenere i prezzi. L’amministratore delegato della statunitense Chevron Mike Wirth afferma di attendersi a breve un petrolio a 100 dollari. Valori così elevati e in salita iniziano a preoccupare anche la banche centrali impegnate in una faticosa azione di contrasto all’inflazione che potrebbe essere vanificata da una risalita dei costi energetici. Il petrolio pare sia stato uno dei temi caldi dell’ultima riunione della Banca centrale europea quando è stato deciso un ennesimo rialzo dei tassi di interesse. Pressoché immediate le ricadute sul costi dei carburanti (la benzina è ormai stabilmente in zona 2 euro al litro) e, a cascata, su qualsiasi bene che risente dei costi energetici per la sua produzione e per il suo trasporto.

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